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maniche, e a molti colori, cui erano sovrapposti degli usberghi di ferro fatti a squama di pesce.

Non può negarsi che il testo greco di questo passo non presenti una certa difficoltà, per la confusione che esso ingenera fra la veste variopinta e l’usbergo ferrato e squamato dei Persiaui, come se l’una e l’altra cosa (e non s’intende poi in qual maniera) formassero un tutto solo. Contro la testimonianza dello stesso Erodoto, che al Capo 22° del Libro IX tanto chiaramente e nettamente distingue la veste dall’usbergo di Masistio; e contro quanto ci provano i monumenti scoperti dal Layard nelle scavazioni di Ninive, dove si veggono i combattenti colle corazze a squama di pesce, le quali corazze hanno tutta l’apparenza di essere sovrapposte a tuniche di pannolino. Ond’è che alcuni commentatori sospettarono di una interpolazione nel lesto, e proposero addirittura che dopo la parola hoikìXoui; si aggiungessero le altre parole koI 6d,piKa(; colla quale aggiunta tutto doventa sicuramente facile e piano. Ma per la naturale e ragionevole ripugnanza di ammettere delle varianti introdotte per semplice ipotesi, e non sostentate da nessuna edizione o da nessun codice conosciuto; c’è chi antepone di sciogliere il nodo, attribuendo alla parola KtOdiva, usata nel primo inciso del periodo, non già il significato più ovvio e generale di tunica o veste, ma quello più raro (non meno appropriato però nè mono certo, in alcuni casi) di usbergo. Di guisa che Erodoto, nel passo che ci trattiene, avrebbe voluto dire: che i Persiani portavano degli usberghi con maniche variegate, usberghi ferrati e fatti a squama di pesce. E Adolfo Schoell dal suo cauto presume di risolvere ogni difficoltà in un’altra maniera tutta sua propria. Egli, ciuè, intende e spiega Kt6ùiva<; per tunica o veste; e poi dice che queste vesti, queste tuniche persiane, erano (secondo Erodoto) dipinte da cima a fondo a imitazione di squame di pesce fatta di ferro. Coficcbè, nel jiasso citato (a giudizio dello Schoell) non ci entrano usberghi, non si parla di usberghi; gli usberghi non sarebbero che una ftutasia dei commentatori. Né lo commove la nettissima distinzione (atta altrove da Erodoto fra la veste e la cornila di Masistio, trattandosi là di descrivere l’abbigliamento e l’armadura di un capitano, ^ni dei gregari. Oltredichè lo Schoell non sa capacitarsi come i Perliaai indossassero delle corazze ferrate, mentre poi imbracciavano delle targhe di vimini. Ma nonostante tutte queste belle ragioni del dotto e acutissimo signor Schoell, il tirare (come fa lui) le formali parole Xettì&oi; oi6ripén(; al senso di una semplice imitazione pittorica, mi parve un’arditezza ingiustificabile. Onde ho prescelto di attenermi, nel volgere il passo, alla interpretazione più conforme al confronto dei luoghi analoghi e alla riprova dei monumenti.

N. 11. intl iti TTepaeùc; ó Aavdr); re Kal A\bc, à^nUtTo ’ro.^^ V.’tv^a -tùv B^Xou... ini TovTou òé Ti)v £iraivu|ni»iv loxov ( 61).