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Della Germania ecco quello che dice S. Anselmo: Vescovo di Lucca, scrittore contemporaneo;

«Il tuo re « rivolge il discorso all’antipapa Guiberto «vende di continuo i vescovati pubblicando editti che non s’abbia d’aver per Vescovo quegli che è eletto dal Clero, o dimandato dal popolo, se non antiviene il regio volere, quasi che egli sia il portinaio di questa porta della quale la verità disse: A costui il portinaio apre! — «Voi squarciate le membra della Chiesa cattolica che avete invasa per tutto il regno, e cui, ridotta in servitù, tenete in vostra balia siccome vile schiava; e date di piglio alla libertà della legge di Dio col vile ossequio che rendete all’imperatore, diceudo: tutte le cose essere soggette al dritto imperiale, i Vescovadi, le Abazie, tutte le Chiese senza esclusione alcuna; quando il Signore dice: la mia Chiesa la colomba mia, le mie pecore. E Paolo: nessuno prende da sè stesso la dignità se non è chiamato da Dio come Aronne «1,

88. Ma in cotesti tempi tanto infelici, ne’ quali la Chiesa di Dio sembra irreparabilmente perire, Cristo suol ricordarsi della sua parola, si risveglia, e suscita qualche uomo straordinario, che con una immensa potenza morale, e certamente non umana, tutto affronta, a tutto resiste, e che a tutto riman superiore; rivendica la Chiesa, la ristora dalle sue perdite; e quasi direi rinvigorisce il regno dell’Eterno sopra la terra. Ognuno ha già compreso quale sia il mandato di Dio nel tempo di cui parliamo: ognuno s’accorge che noi abbiamo descritto Gregorio vii.

Quest’uomo per sempre memorabile ascese sulla Cattedra di Pietro l’anno 1073. Già al suo predecessore erano state portate le accuse non meno della dissolutezza sfrenata e della tirannide inaudita verso i cristiani suoi sudditi; che dello strazio che faceva della Chiesa Enrico iv; ma S. Alessandro ii, prevenuto dalla morte, non avea potuto por la mano entro la piaga profonda e mortale del corpo di Cristo2. Era riserbato dalla Previdenza all’umile monarca Ildebrando il durissimo ufficio di adoperare, dopo i dolci fomenti e lenitivi, altresì il ferro che con taglio ardito e maestro sanasse l’invecchiata cancrena3. Questi avea ricusato il pontificato: accettato poi

  1. Tali opinioni spacciarono gli adulatori dell’imperatore; e il santo Vescovo di Lucca tolse a ribatterle con un’opera apposita, nobile, e franca, ove si sente tutto il linguaggio dell’antichità, che, come ho tante volte detto, non è mai al tutto mancato nella santa Chiesa. Ecco l’argomento del libro ii, ch’egli stesso spone nell’esordio con queste parole: Opitulante Domini nostri clementia, qui nos et sermones nostros suo mirabili nutu regit atque disponit, accingimur respondere his qui dicunt, regali potestati Christi Ecclesiam subjacere, et ei pro suo libito, vel prece, vel pretio, vel gratis, liceat Pastores imponere, ejusque possessiones vel in sua vel in cujus libuerit jura transferri: e questa risposta che fa il santo Vescovo è piena di erudizione e di forza.
  2. Avea nondimeno il santo Pontefice, prima di morire, l’anno 1073 citato Enrico a comparire a Roma per dare soddisfazione alla Chiesa de’ delitti di cui veniva accusato da’ Sassoni. Per il che Gregorio vii quando montò sulla sede Apostolica, trovò la causa già aperta dal suo predecessore, il quale avea spiegato sempre tutta l’energia in porre argine a’ mali traboccanti della Chiesa, a comprimere le elezioni simoniache e vendicarne la libertà. Ottone di Frisinga dice di questo grand’uomo, Ecclesiam jamdiu ancillatam in pristinam reduxit libertatem Lib. vi, c. 34.
  3. Non sono mai senza interesse le parole de’ contemporanei. Però mi do cura di giustificar tutto ciò che dico, co’ loro testimoni, in una materia massime così alterata e confusa dagli storici di partito. Ecco come Mariano Scoto (in Cronico ad an. 1075) racconta quest’avvenimento: «Egli non temette (parla dell’imperatore Enrico), per quanto fu in lui, d’insozzare e d’offuscare l’unica e diletta Sposa del Signore per mezzo de’ concubinari, cioè degli eretici, rendendo venali, ad esempio di Simone, gli spirituali ufficî della Chiesa, gratuiti doni detto Spirito Santo, con iniqui contratti e contrarî alla cattolica fede. Or de’ personaggi costituiti nella Chiesa a quel tempo, vedendo ed udendo queste ed altre simiglianti scelleratezze del re Enrico, nefande ed inaudite, zelando il zelo di Dio per la causa d’Israele come il Profeta Elia, gemendo