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verne imparare ciò che far dovessero, ma per trovar ragione nello studio e nella scaltrezza di quelli, da far lecito ciò che piaceva: di che avvenne (senza contare che l’adulazione tien dietro ad ogni principato come ombra al corpo, e che fu sempre oltre modo malagevole udire le verità agli orecchi de’ Principi) che incontanente uscissero de’ dottori, i quali insegnassero essere il Papa padrone di tutti i benefici, e perciò (potendo vendere il padrone quello che è suo, senza ingiustizia) seguirne, che nel Pontefice non cada simonia: perciò ancora, la volontà del Pontefice, quale si voglia, esser regola secondo la quale dirigere egli potesse le sue operazioni ed azioni. Laonde ciò che era libito, facevasi licito in tal legge. Sicchè di questo fonte, o santo Padre, quasi dal caval trojano, sboccarono nella Chiesa di Dio tanti abusi e tanti gravissimi morbi, de’ quali or noi la veggiamo aggravata, e quasi sfidata, e n’andò la fama di tali vergogne (il creda la Santità tua a chi lo sa) fino agl’infedeli, che per questa cagione appunto mettono la cristiana religione in deriso di modo che per noi è che il nome di Cristo si bestemmia fra le nazioni.»

Dopo le quali considerazioni, io acquetai dentro di me ogni dubbiezza e con sicuro animo e libera mano tolsi a scrivere questo piccol trattato, che prego Iddio d’indirizzare egli alla sua gloria, e a vantaggio della sua Chiesa.



Correttola, 18 novembre mdcccxxxii.