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38. I compendî e le somme scolastiche toccarono il sommo di loro perfezione nel secolo xiii, in quella di S. Tommaso d’Aquino: e i maestri che succedettero fino a noi nelle scuole cristiane, sebbene acquistarono immensamente dal rifiorimento degli studi per ciò che risguarda la storia, la critica, le lingue, e l’eleganza dello stile; nel fondo però della dottrina non fecero che addietrarsi agli Scolastici, ripeterli, chiosarli, abbreviarli, quasi direi come i maestri che succedettero a’ sei primi secoli della Chiesa aveano fatto de’ Padri. Non sembri ingiurioso questo confronto, di cui ogni uomo che non s’arresti alla superficie delle cose sentirà il vero. Le lettere rifiorite nel xv, e xvi. secolo trassero a sè l’attenzione degli uomini, i quali, abbandonata la speculazione pel diletto della immaginazione e del sentimento, lasciaron mancare il nerbo della filosofia cristiana, che perì, come prima era perita la grandezza e la pienezza della esposizione. Non si vide più l’importanza delle grandi, delle intrinseche ragioni della dottrina della fede, ritenute tuttavia da’ migliori degli Scolastici; come da questi si era perduto di vista l’importanza della grandiosa e piena maniera di esporla usata da’ primi Padri. Gli Scolastici avevano abbreviata la cristiana sapienza collo spogliarla di tutto ciò che apparteneva al sentimento, e che la rendeva efficace; i discepoli (e i discepoli, di nuovo sel dica, non sono più che i maestri) continuarono ad abbreviarla, troncando da lei tutto ciò che vi avea di più profondo, di più intimo, di più sostanziale, ed evitando di parlare de’ suoi grandi principî col pretesto di facilitarne lo studio, ma veracemente perchè non gl’intendevano punto essi stessi. così la ridussero miseramente a formole materiali, a conseguenze isolate, a notizie pratiche, delle quali la gerarchia non può far senza, se vuol agli occhi de’ popoli condurre le cose della Religione in quel modo esteriore che furon condotte in addietro. Que-


    sulla materia del probabilismo, e ciò che fu detto e fatto in questa materia ebbe grande influenza sul decadimento de’ costumi del popolo cristiano, decadimento avvenuto non meno per l’influire di ciò che si chiamò lassismo, che per l’influire di ciò che si chiamò rigorismo. Sono troppo note le battaglie teologiche sì dannose all’unione del Clero, e alla sua santificazione; e non aggiungerò su ciò altre parole. De’ cavilli degli uomini di legge del secolo xiii il Fleury dice così: Veggansi i canoni del gran Concilio di Laterano, e più ancora quelli del primo Concilio di Lione, e si conoscerà sino a quale estremo segno era allora salita la sottigliezza de’ litiganti per deludere tutte le leggi e farle servire di pretesto alla ingiustizia, imperciocchè questo è quel che io chiamo spirito di cavillazone, ora gli Avvocati ed i pratici, ne’ quali dominava questo spirito, erano i Chierici, que’ soli che studiassero allora la giurisprudenza civile o canonica, come la medicina e le attre scienze — Se la vanità sola e l’ambizione di distinguersi somministrava a’ Filosofi ed a’ Teologi tante cattive sottigliezze per disputare continuamente e non arrendersi mai; che non avrà fatto l’avidità del guadagno per eccitarvi più vigorosamente gli avvocati? Or che poteva mai essere un sì fatto Clero? Lo spirito del Vaugelo non è altro che sincerità, candore, carità, disinteresse. Cotesti Chierici così sprovveduti di tali virtù erano molto poco atti ad insegnarle altrui.» Discorso v. sopra la Storia Eccl., §. xvii.

    Circa l’effetto ch’ebbe in morale quell’aver dato al ragionamento umano il predominio nelle scuole, il Fleury dice queste parole, nelle quali non sono al tutto d’accordo: «L’effetto peggiore del metodo topico (cioè di quel metodo che insegna a cercare in ogni modo il pro ed il contra, come facevano gli scolastici), e della disperazione di poter trovare la verita, è quello di aver introdotte e autorizzate in morale le opinioni probabili». Il male non fu nell’aver introdotto le opinioni probabili, ma nell’averne abusato. «In fatti questa parte di Filosofia non fu trattata in miglior modo nelle nostre scuole che nelle altre. I nostri dottori accostumati a contestar tutto ed a rilevare tutte le verisimiglianze, ne ritrovarono ancora in materia di costumi; e l’interesse di lusingare le proprie passioni o le altrui, gl’indusse spesso ad uscire dal diritto cammino. Questa è l’origine del rilasciamento tanto manifesto nei casisti più moderni, la cui origine però è da me ritrovata cominciare fin dal xiii secolo. Si contentavano questi dottori di un certo calcolo di proporzioni, il cui risultato non si accordava sempre col buon senso e col Vangelo; ma conciliavano tutto con la sottigliezza delle loro distinzioni.» Discorso v. sulla Storia Eccl., §. ix.