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Ah se le nazioni sono fatte sanabili, molto più sanabili sono i mali della Chiesa; e ingiurioso al suo divino Autore mi parrebbe il pensare, che quegli che pregò l’Eterno Padre di rendere «tutti i discepoli suoi una cosa, come egli e il Padre erano una cosa sola (Jo. xvii, II.)» permettesse poi che per sempre fra la plebe e il Clero durasse un tanto muro di separazione, e che tutto ciò che si dice e si fa nella celebrazione de’ divini misteri, riuscisse pieno di finzioni; permettesse che il popolo, a cui è nata la luce del Verbo e ch’egli stesso è rinato al culto del Verbo, assistesse ai massimi atti di questo culto, quasi volea dire, come vi assistono le statue e le colonne del tempio, sordo alle voci che la sua madre la Chiesa gli volge nei momenti più solenni, quando ella gli parla ed opera in persona ed atto di Chiesa; e che il sacerdozio, segregato dal popolo ad un’altezza ambiziosa perchè inaccessibile, e ingiuriosa perchè ambiziosa, degenerasse in un patriziato, in una peculiare società, voglio dire divisa dalla società intera, con interessi proprii, con linguaggio proprio, con sue proprie leggi e costumi: conciossiachè tali sono necessariamente le deplorabili conseguenze di una cagione piccola in apparenza; le conseguenze a cui andrebbe soggetto indeclinabilmente quel sacerdozio che non istesse più in presenza del popolo, se non forse materialmente, e in realtà fosse assente dalla grande, cioè dalla popolare comunanza de’ fedeli.

21. Ma se la piaga è sanabile, chi applicherà alla medesima il farmaco salutare?

Il Clero. Il solo Clero cattolico è quello che può prima prepararne, e poi ottenerne la guarigione. Sulle sue labbra sta la parola di vita; e Cristo ve l’ha posta a salvamento della umanità; esso è il sale, esso la luce, esso la medicina universale.

Che impedisce adunque che la medicina non si appresti, non si applichi?

Nasce ciò da un’altra piaga della Chiesa, che non manda men vivo sangue della prima, cioè dalla insufficiente istituzione dello stesso Clero.


CAPITOLO II.

Della piaga della mano dritta della santa Chiesa, che è la insufficiente educazione del Clero.

22. La predicazione e la liturgia erano ne’ più bei tempi della Chiesa le due grandi scuole del popolo cristiano. La prima ammaestrava i fedeli colle parole; la seconda colle parole insieme e co’ riti; e fra questi, principalmente con quelli a cui il loro divino Institutore aggiunse particolari effetti sopra natura, cioè a dire il Sacrificio ed i Sacramenti. Sì l’uno che l’altro di questi ammaestramenti era pieno: non si volgeva solo ad una parte dell’uomo, ma a tutto l’uomo, e il penetrava, come dicemmo, lo conquistava. Non erano delle voci che si facessero intendere alla sola mente, o dei simboli che non avessero altra potenza che sui sensi; ma sia per la via della mente, sia per quella de’ sensi, le une e gli altri ungevano il cuore, e infondevano nel cristiano un sentimento alto su tutto il creato, misterioso e divino; il qual sentimento era operativo, onnipossente come la grazia che lo costituiva: perocchè le parole dell’evangelica predicazione uscivan da santi che travasavano sui loro uditori quell’abbondanza di spirito di cui essi riboccavano; ed i riti per sè efficaci, erano resi via più tali dalla buona ed ottima disposizione de’ fedeli preparati a riceverne i salutari effetti dalla parola de’ Pastori, e dalla chiara intelligenza di tutto ciò che si faceva, e che facevano essi stessi nella Chiesa. Da tali fedeli si cavavano i Sacerdoti: essi portavano alla Chiesa, che gli eleggeva all’alto onore di suoi ministri, una