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del leggere, è mestieri somministrargli od almeno indicargli i libri, ma i veri libri da leggere. La è tanto necessaria questa seconda cosa, che non si saprebbe ben definire se la prima sia più a desiderarsi o a temersi, scompagnata dalla seconda. Laonde stimiamo abbia a tornare gradevole lo esaminare e discutere divisatamente alcune delle quistioni toccate dal benemerito signor Sacchi, ed altre da lui lasciate da banda, perchè troppo pedestri ed umili; ma che tuttavia possono giovare a dare vita presso di noi a questa istituzione. Della cui utilità converrassi agevolmente col Sacchi; giacchè «il bisogno della lettura comincia a farsi sentire più spontaneo e più vivo in qualche classe del popolo minuto, dacchè il benefizio dell’istruzione impartita, nelle tre mila e più scuole serali a più di cento quaranta mila persone in età già adulta ha fatto nascere il gusto di attingere anche dai libri le aspirazioni più care del vero e del bello. E queste elette aspirazioni che attenuano alquanto la pubblica vergogna di aver ancora in Italia sedici milioni di analfabeti, si svolsero per le prime nel seno delle trecento e più associazioni operaie, donde partì quasi unanime il grido dai suoi cento dodici mila e più soci, di voler congiungere al materiale soccorso anche il morale conforto dell’intelletto. E per raggiungerlo si diedero a far ricerche di libri, e cominciarono un primo nucleo di Biblioteche popolari. In Italia si contano più di trenta associazioni operaie, che hanno già inaugurato questo genere d’istituzioni; ma come avviene in tutte le opere che nascono spontanee per senso vivo del bene, e senza un preliminare ordinamento, si è proceduto sinora in modo piuttosto empirico e senza alcun scientifico indirizzo. I promotori delle librerie popolari accolgono e raccolgono libri da chiunque vuol fare qualche dono di opere più o meno