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libro sesto 109

congettura questa essere la cagione, che le une si trovano in un luogo ombroso, sicchè le loro membrane umide sempre non si distendono mai; mentre alle altre per essere soleggiate si stirano e diventano simili al corno, sicchè poi n’esce il suono come da naturale strumento. Solevasi una volta mostrare appo i Locresi la statua del citarista Ennomo con una cicala seduta sopra la cetra. Timeo poi racconta che una volta questo Eunomo ed Aristone di Reggio ebbero gara in Delfo di preminenza. Aristone pregava i Delfii che favorissero a lui affermando che i suoi maggiori erano stati a’ servigi del Dio, e di quivi poi avevan guidata una colonia in Italia: ma Eunomo diceva che a quei di Reggio non s’apparteneva punto il contender di canto, quando appo loro erano senza voce persin le cicale, che pur sono l’animale che più di tutti è provveduto di voce. Piacque nulladimeno Aristone ed ebbe speranza della vittoria; ma poi vinse Ennomo, e pose nella sua patria la statua già detta: perchè essendoglisi rotta nel certame una corda della cetra, una cicala venne a posarvisi e ne supplì la voce.

Il paese mediterraneo al di sopra di queste città è occupato dai Brezii: e quivi sono la città di Mamerto, e quella selva Sila che produce la miglior pece che si conosca, detta pece Brezia; è ricca di piante e d’acqua, e lunga settecento stadii.

Dopo Locri trovasi un fiume chiamato con nome femminile Sagra; e lungh’esso le are dei Dioscuri, presso alle quali dieci mila Locresi con alcuni di Reggio , venuti alle mani contro cento trenta mila Croto-