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libro primo 53

di non giudicare i poemi dal lato della ragione, nè cercare in esse la storia. . . Quando Ulisse dice:

                             Per nove infausti dì sul mar pescoso
                             I venti rei di trasportaro . . . .1

queste parole si debbono interpretare probabilmente di un viaggio non lungo (dacchè i venti rei o perniciosi non giovano al ben viaggiare), e non credere invece ch’egli sia uscito fuori sin nell’Oceano, come se l’aure gli fossero sempre soffiate in favore. Oltre di che poi, computando la distanza da’ Malei2 alla Colonne di ventidue mila e cinquecento stadii, se noi poniamo (dice Polibio) che lo abbia compiuto in un corso uniforme di nove giorni, dovremo dire che navigasse ogni giorno due mila e cinquecento stadii. Ma chi ha mai raccontato che dalla Licia o da Rodi qualcuno arrivasse ad Alessandria in due giorni3? A coloro poi i quali domandano come mai Ulisse venuto tre volte in Sicilia, nè una volta pure attraversasse lo Stretto, risponderemo, che anche dopo di lui evitarono tutti di navigarvi.»

Queste cose dice Polibio, ed altre ancora dirittamente: ma quando nega che Ulisse sia uscito fuori a navigar nell’Oceano, ed esamina il suo viaggio con un’accurata misura dei giorni e delle distanze, allora non

  1. Odiss., lib. ix, 82.
  2. Il capo Maleo dell’antico Peloponneso, ora capo Malio nella Morea.
  3. In tutte queste misure Polibio non va pienamente d’accordo colle osservazioni più esatte dei moderni; ma la differenza però non è tale da togliere all’argomento il suo valore.