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libro quarto 445

forma di cono, pelosa nell’estremità, lunga un palmo all’incirca, e grossa quanto la coda di un cavallo.

Uno dei passaggi dall’Italia nella Celtica Transalpina e settentrionale è la strada che attraversando i Salassii conduce a Lugduno. Questa strada è duplice: l’una può praticarsi con carri, ma si allunga passando pei Centroni: l’altra aspra ed angusta, ma breve, attraversa le Alpi Pennine. La città poi di Lugduno è nel mezzo del paese, a guisa di rocca, o vuoi pel confluente dei due fiumi, o vuoi perchè trovasi accessibile ugualmente a tutte le altre parti circonvicine. Quindi Agrippa ordinò che appunto per quella città passassero le strade ch’ei fece aprire; l’una delle quali attraversando i monti Cemmeni andasse fino ai Santoni ed all’Aquitania; un’altra verso il Reno; una terza verso l’Oceano passando pei Bellovaci, e per gli Ambiani; una quarta è quella che va nel territorio Narbonese ed alla spiaggia marittima di Marsiglia. Si può anche, lasciato a sinistra Lugduno e il paese che gli sovrasta, attraversare il Rodano nello stesso monte Appennino ovvero il lago Lemano nelle piannre degli Elvezii, e di quivi passar tra i Sequani e i Lingoni attraversando il monte Jura. Quivi poi la strada si parte in due, l’una alla volta del Reno, l’altra verso l’Oceano.

Polibio racconta che al suo tempo furono trovate fra i Taurisci ed i Norici, principalmente presso Aquileia, miniere tanto copiose che scavando la terra all’altezza di due piedi s’incontrava subito l’oro, nè mai facea d’uopo di scavare più che quindici piedi: che l’oro di quelle miniere in parte trovavasi in grani della