Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/76

62 ANNOTAZIONI

ed ora verso un altro, secondochè componeva la sua geografia, lavoro lungo e assai vario, riserbandosi forse di ridurla ad un punto cronologico fisso quando era per pubblicarla. Il perchè egli favella della morte di Cotis sapeo, genero di Pitodori, il quale era stato ucciso a tradimento da Rescupori, e del maggiore figliuolo di Cotis ch’era già signore (lib. xii, pag. 556); e così tocca l’anno di Roma 773 (Tacito, Ann. l. ii, 43). Corsi erano 33 anni dacchè Tiberio e Druso represse avevano le scorrerie dei Carnie Norici, quando Strabone scriveva il IV libro (pag. 206). L’impresa contra quelle genti inalpine avvenne l’anno 740 (Dione Cassio, lib. iv, pag. 531), e se ne aggiungi 33 ne risulta l’anno 773. — Nel lib. VI, p. 288 dic’egli, la Mauritania e molte altre parti di Libia si conservano sotto il re Iuba. Ma nella fine del XVII libro (pag. 828-829) egli favella di Iuba come di già morto, e poco dopo (pag. 831) soggiunge che Ptolemeo natogli da Selene figliuola di Antonio e di Cleopatra, era successo a Iuba all’impero. Ora in Tacito (Ann. iv, 8) leggiamo che Iuba viveva nel consolato di C. Asinio e C. Antistio; e nel susseguente anno 778, prima di Cristo 24 (An. iv, 27, 29), Ptolemeo giovane era succeduto al padre, e per gli aiuti dati a’ Romani contra Tacfarinate, era stato onorato e chiamato re e compagno ed amico loro.

E questo è il termine delle epoche di Strabone; fissato il quale torna inutile a conferma di quanto si è esposto, quella prova che recata fu innanzi onde mostrare che il Geografo scrisse prima dell’anno 779. Perciocchè parla egli dei Ciziceni come di ancor godenti la libertà (pag. 576, lib. xii) che meritata avevano nella guerra mitridatica, ma questa libertà fu tolta loro dai Romani nel consolato di M. Asinio Agrippa e Cosso Cornelio, cioè l’anno 779 (Tacito, Ann. iv, 41)

Adunque se noi tenghiamo l’ipotesi del Coray come probabile, che Strabone fosse nato l’anno 689, egli di novant’anni scriveva ancora la geografia. Io voglio credere ch’ei fosse di florida e robusta vecchiezza, e che non levasse la mano sino all’estremo respiro dalla maggiore opera sua. Nondimeno aspettando migliori