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cordia e alla gloria di mia nazione? e quelle madri che qua e là per Italia o s’odono parlare il solo dialetto, o, quando la gentilezza del conversare il richiegga, cinguettano un male imparato francese, non ismetterebbero la brutta usanza per cui pare che rifiutino tanta nostrale ricchezza di favella? Non dico già io che s’abbia a lasciare lo studio delle lingue forastiere; dico che in casa nostra dobbiamo parlare la nostra lingua, perchè non ho mai udito a dire che le donne francesi parlino fra loro in italiano, e fanno bene, e noi faremo benissimo ad imitarle. Oltredichè io credo ancora che queste ridevoli gare di pedanti e di licenziosi finirebber pure una volta; perchè non istudiandosi più la lingua solamente come cosa affatto nuova, ove questa bene si parli, a meglio anche scriverla, si farà più agevole l'ingentilirla con l’assiduo e ben ordinato studio dei nostri grandi antichi e moderni; e così le nostre scritture non avrebbero più nè quella misera grettezza per cui pare che taluni ci vorrian quasi far parlare coi modi di Fra Guittone, nè quella sozza licenza, che lo sdegnoso Alighieri farebbe costar cara a chi vi si gitta, se per poco tornasse fra noi. E così, tra per l’opera delle madri, onde l’Italiano che nasce in Sicilia parlerebbe la stessa lingua dell’Italiano che nasce in Piemonte, tra per questo miracol nuovo