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della figlia del popolano in questa parte d’Italia per qualche modo si vien provvedendo, molta lode si dee a quelle famiglie che più favorite da fortuna affidano le loro fanciulle a chi si mette nel geloso ufficio di educarle in quegli studi per cui esse si faranno le prime educatrici alle generazioni novelle; e soltanto sono da compiangere in Italia quelle giovinette che per mal intesa rigidezza o sono cresciute digiune di ogni cultura, contente solo di non esser losche o bistorte o di sapere che nello scrigno paterno v’ha un buon mucchio d’oro per esse; o se apprendono qualche gentilezza, questa è solo nel saper dipingere qualche fiore, suonare una fantasia al gravicembalo, ricamare una ventola, o balbettare qualche parolina francese non sapendo un jota d’italiano; e più poi quelle che, dai primi anni fino all’ora di andarne a marito, sono affidate, per apparecchiarsi a vivere con lo sposo e coi figli, a chi, volente o no, se ne fuggì dal civile consorzio per non divenir mai appunto nè sposa nè madre.

Sposa e madre! che belli e santi nomi sono questi! due nomi che primi risuonano di tutto l’amore di Dio per gli uomini nelle due più grandi opere che noi conosciamo di lui, la Creazione e la Redenzione; due nomi che appena pronunziati risvegliano dentro il cuore dell’uomo una melodìa di affetti soavis-