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sario che gli uomini savii pigliassero la cura del governare le repubbliche, acciocchè i governi d’esse, lasciati in mano degli uomini rei e scelerati, non arrecassero danno e distruzione a’ buoni. Io dunque seguendo questa autorità, la quale aveva da te tra li miei studii e segreti riposi apparata, cercai di metterla in opera, e mi diedi alla amministrazione delle cose pubbliche. Tu, e quello Dio che t’infuse nelle menti degli uomimi saggi, sapete come io, e mi potete essere testimonii, che non pigliai magistrato alcuno ad altro fine mai, se non per giovare comunemente a tutti gli uomini buoni; e quinci avvenne che io sempre a combattere ebbi gravissimamente con li rei, e sempre, come fa chi ha la coscienza e l’animo libero, non curai, per difendere la ragione, offendere i grandi. Quante volte mi feci io incontra e m’opposi a Conigasto, che si voleva imperiosamente occupare, e ingiustamente, la roba di chiunque poco poteva? quante volte abbattei io Triguilla, maestro di casa del re, e lo rimossi da quelle ingiurie che egli aveva di già non pur cominciate, ma fatte? quante volte difesi io, mettendo a ripentaglio e gravissimo rischio l’autorità mia, i poveretti, cui l’avarizia de’ barbari, mai non punita, con infinite e infinite calogne molestava? Niuno potè mai dal giusto ritrarmi all’ingiusto: chè le facoltà degli uomini delle provincie sottoposte al romano imperio fossero e con private rapine e con pubblici tributi afflitte ed oppresse, ne presi quel dispiacere medesimo, che quegli stessi che ciò pativano. Essendosi al tempo d’una grandissima fame e carestía po-