Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu/118

118

rebbe stimato potentissimo nell’andare; così colui il quale apprende il fine di tutte le cose desiderabili, del che nulla è più oltre, forza è che potentissimo sia giudicato. Onde nasce che gli scelerati per lo contrario siano cassi e privi di tutte forze; perchè per qual cagione diremo noi che essi, lasciata la virtù, seguitino i vizii? per lo non sapere quali siano i beni? Or qual più debil cosa si trova, e più senza nerbi, che la cecità dell’ignoranza? O pure conoscono i beni che si dovrebbero seguire, ma la concupiscenza, trasportandoli a traverso e traboccandoli nel male, gli precipita? Se così è, la intemperanza gli mostra frali e debili, posciachè a’ vizii contrastare non possono. O più tosto, sapendo e volendo, abbandonano il bene a sommo studio e torcono a’ vizii? Ma in questo modo eglino non solo d’essere possenti, ma d’essere in tutto mancano; perciocchè coloro i quali il comune fine di tutte le cose lasciano, lasciano parimente l’essere: la qual cosa ad alcuno per avventura parrà maravigliosa, che noi diciamo che i malvagi, i quali sono la maggior parte degli uomini, non siano. Ma così sta la cosa: perchè quegli che sono malvagi, non nego io che siano malvagi, ma nego che puramente e semplicemente siano; perchè, come una carogna ovvero corpo corrotto si può chiamare uomo morto, ma non già uomo semplicemente; così concederò bene che gli uomini viziosi siano cattivi, ma che siano assolutamente non posso io già confessare: perchè quello è veramente, il quale l’ordine della natura mantiene e conserva; ma quello che da questa manca,