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30 l’olimpia


Trasilogo. Ma oimè, che la gelosia m’ha posto un verme nel core che mi rode tutto e mi scompiglia: che verme, che verme! Io sento Amore che con cento cannoni mi dá la battaria all’anima. Giá sono abbattute le cortine e occecati i belovardi, ecco mi dan l’assalto; ahi spada, che mi consigli? ahi Durindana, tu non mi servi a nulla!

Squadra. Padrone, veggio non so chi in finestra.

Trasilogo. Mira se mi guarda.

Squadra. Non vi move gli occhi da dosso.

Trasilogo. Deh, che m’attaccassi ora alla scaramuccia con mille persone, ché in tre colpi ne vorrei far cento pezzi di tutti; che non vorrei mai tirar colpo che non andasse a pieno, né volger sguardo che non mi facessi fuggir dinanzi una compagnia. Vien qua che ti vo’ mostrar certi colpi di spada. Al primo sfodrar della spada fatti innanzi con questo mandritto sul capo, con questo roverscio alle tempie, poi caricagli sopra con un piede inanzi, che passaresti una torre da un canto all’altro.

Squadra. Padrone, riponete la spada or che siete in furore, che non m’ammazzate.

Trasilogo. Orsú, poni effetto a questo falso filo, ché saresti per sbarattar la scrima.

Squadra. Avertite che non vi scappi da mano. Diavolo! che Olimpia ha serrato la fenestra.

Trasilogo. Ahi, capitan Trasilogo, rovina degli esserciti, distruggitor delle cittadi, eversor degl’imperi, tu devi esser stimato cosí poco! Vien qua, spezza la porta, entra, sali e di’ ad Olimpia che ho preso piú cittá e castelli e che ho piú ferite nella persona ch’ella non ha posto punti d’ago su la tela in sua vita, e che ho cento gentildonne che spasimano per amor mio; e se non fusse che è una vil feminella, non la scamparia il cielo che non avesse a partirsi una cappa meco e ucciderci dentro un steccato. Che tardi?

Squadra. Non saria meglio, padrone, sfogar questa còlera sopra Mastica o sopra quel romano, e lasciar questa casa? chi può saper che vi sia dentro!