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atto quinto 387

assai traditora: egli mirava me ed io mirava lui, ed egli pur mirava me. ...

Pandolfo. Che ha da far qui l’allegrezza che vuoi darmi?

-Cricca. Ascolta pure. ... Io mi fermo ed egli si ferma, io fingo di partirmi e lui si ficca dentro una bottega. Passo inanti per conoscere chi sia e veggio una moltitudine ivi dentro. M’accosto piú vicino. Vi veggio un uomo con una notabil barba che lo tenevano legato molte persone, e tutti gridavano: — Birri, birri! ...

Pandolfo. Ed è possibil che questi birri vadano al proposito mio?

Cricca. ... Vengo fuori per trovar altri birri, e per tutto Napoli non posso incontrarne un solo. E quando li fuggo l’incontro per ogni passo. ...

Pandolfo. Lasciamo il ragionar de birri, ché ne hai detto a bastanza.

Cricca. ... Non potendo trovar birri, ritorno al luogo e veggio che colui che avea questo, era l’astrologo. ...

Pandolfo. Che astrologo? di che parli tu?

Cricca. Dell’astrologo che ci rubbò li argenti.

Pandolfo. Io stavo col pensiero ad Artemisia e pensava che ragionasse di lei! Che cosa mi volevano restituire?

Cricca. L’argentaria.

Pandolfo. Cancaro mangia te e l’argentaria!

Cricca. Non vi basta l’aver perdute tante robbe; ed è il peggio, della burla che vi è stata fatta: e pur col pensiero ad Artemisia? Or non avete promesso con giuramento darla a vostro figlio?

Pandolfo. Passa inanzi.

Cricca. Io non vo inanti né indietro, ché l’inganno è vostro. ...E cosí i drappi e i paramenti e le robbe stan consegnate in poter di un uomo da bene, finché vegnate voi a riconoscerle e riceverle.

Pandolfo. Che si fará dell’astrologo? non bisogna vendicarmene, alterarmene?

Cricca. Disacerbare la vendetta nell’acquisto delle robbe e ricevere in burla la sua forfantaria come l’han presa quasi tutti: