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atto quinto 379

morir squartato! Me l’hai accoccata: giá il dolore e l’affanno è tanto che mi stringono il cuore che non so come non muoia. O Amor traditore e maladetto, o femine manigolde, o vecchiezza traditora! si è consertato mio figliuolo con Lelio, con Cricca e col vignarolo, l’aranno subornato, e mi hanno aggirato con le loro astuzie e inganni, ché tutti si sono rivolti contro di me. Quando mi pensava aver acquistato il premio di una famosa e illustre vittoria, mi trovo essere perditore. O cieli, o stelle, o mondo iniquo, o fortuna disleale! ma perché debbo dolermi del cielo e delle stelle, del mondo e della fortuna, se non di me stesso che son stato ministro del mio male? ché una cosa di tanta importanza non dovevo commettere in mano di un furfante, villano, ignorante, traditore. Conosco l’errore quando non ho piú rimedio: non mi è altro restato di conforto che la vendetta. Mi son lasciato burlare, offendere e tradire da chi non è buono offendere e tradire una formica. Queste mie braccia e queste mani mi siano tagliate se non me ne vendicherò! se dovessi morire lo aspettarò, il trovarò, il castigherò a mio modo! — Ma ecco che se ne vien il furfante di modo se non avesse fatto nulla.

SCENA III.

Vignarolo, Pandolfo.

Vignarolo. La fortuna mi è stata tutto oggi contraria.

Pandolfo. Ed or piú che mai, manigoldo, gaglioffo, traditore, assassino!

Vignarolo. O misero me e infelice, che volete fare?

Pandolfo. Parte misero e infelice come hai tu fatto me misero e infelice!

Vignarolo. Merito io questa ricompensa da voi?

Pandolfo. Quella ricompensa che hai tu dato a me!

Vignarolo. Deh! non... , deh! non... , per amor... .

Pandolfo. Per amor del diavolo!