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292 gli duoi fratelli rivali


Don Ignazio. Grida come se fusse ingiuriato e non avesse ingiuriato altri. Ma se m’hai vinto con le forfantarie, non mi vincerai con l’armi; e vedremo se saprai cosí menar le mani come ordir tradimenti.

Don Rodorico. (Cercando accomodar uno, ne ho sconcio doi). Fermatevi, fermatevi! questo è il rispetto che mi portate? questo cambio rendete a chi ve ha allevati e nodriti come padre? non vi son io padre in etá e maggiormente in amore? cosí abusate la mia amorevolezza?

Don Ignazio. Zio, chi può soffrir le stoccate delle sue parole, che pungeno piú della punta della sua spada? Ma io sarò giusto punitore dell’ingiuste sue azioni.

Don Rodorigo. Ferma, don Ignazio! ferma, don Flaminio! Oh che confusione di sdegno e di furore, oh che misero spettacolo d’un abbattimento di doi fratelli!

SCENA III.

Polisena, don Ignazio, don Flaminio, Eufranone.

Polisena. Fermate, cavalieri! fermate, fratelli! e non fate che lo sdegno passi insin al sangue.

Don Ignazio. Di grazia, madre, toglietevi di mezzo, accioché, mentre cerchiamo offenderci l’un l’altro, non offendessimo voi e facessimo error peggior del primo.

Polisena. Se le figliole mie sono cagione delle vostre risse, offendendo la madre loro offendete il ventre che l’ha prodotte: questo ventre sia bersaglio de’ vostri colpi!

Don Ignazio. Di grazia appartatevi, madre, ché per téma d’offender voi non posso offender il mio nemico.

Polisena. O figlie nate sotto fiero tenor d’iniqua stella, poiché in cambio di doti apportate a’ vostri sposi scandalo e sangue! E a che sposi, a che fratelli poi! a’ piú chiari e valorosi che vivono a’ nostri secoli. Non son le mie figlie di tanto merito che le lor nozze siano comprate col prezzo del sangue di sí onorati cavalieri. Cari miei figliuoli, se amate le mie figliuole,