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284 gli duoi fratelli rivali

SCENA VIII.

Leccardo, Birri.

Leccardo. (Aspettar che sí mangi in casa è opra disperata. Tutti stanno colerichi: intrighi di amori, di morti, di cavalieri, e cacasangui che venghino a quanti sono! Al fuoco non son pignate né spedi su le brage: i cuochi e guattari son scampati. La casa di don Flaminio deve star peggio: il budello maggior mi gorgoglia cro cro, la bocca mi sta asciutta, la lingua mi si è attaccata al palato, il collo è fatto stretto e lungo; e che peggio mi potrebbe far un capestro? e si temo d’esser appiccato, cosí mi par d’esser appiccato due volte).

Birri. (Ci incontra a tempo: costui è desso).

Leccardo. (Veggio birri e devono cercar me. Chi si arrischia a molti perigli, sempre ne trova alcuno che lo fa pericolare: ho scampato la furia di un legno, non so come scamperò quella de’ tre legni).

Birri. Prendetelo e cercatelo bene... . Ha molti scudi; questi son nostri.

Leccardo. (O dinari rubati, ve ne tornate al vostro paese: oh quanto poco avete dimorato meco!).

Birri. Camina camina!

Leccardo. Dove mi strascinate?

Birri. Al boia!

Leccardo. Nuova di beveraggio: che vuol il signor boia da me?

Birri. Accomodarti un poco la lattuchiglia della camiscia intorno al collo con le scarpe che non stanno bene accomodate.

Leccardo. Il ringrazio del buon animo: mi contento che stiano come stanno; e volendole accomodare me l’accomodarò con le mani mie.

Birri. Presto presto!

Leccardo. Ché tanta fretta?

Birri. Ti vol appicar caldo caldo.