Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/237


atto secondo 225

se splendori, sole, luna, stelle e tutte le bellezze del cielo son raccolte nel breve giro del suo bel volto? Ahi, ché se prima ardea, or tutto avampo: ché per non averla tanto tempo vista i carboni erano sopiti sotto la cenere, or per la sua vista han preso vigore, m’hanno acceso nell’alma un tal incendio che son tutto di fuoco.

Simbolo. Poiché sète sazio della sua vista, partiamoci.

Don Ignazio. Che sazio? Gli occhi miei, in cosí lungo digiuno assetati, nel convivio della sua vista se l’han bevuta di sorte che son tutto ebro d’amore. Anzi questo convito mi è paruto la mensa di Tantalo, dove quanto piú bevea men sazio mi rendeva e piú ingordo ne diveniva; anzi nel piú bel godere è sparita via, ed io mi sento piú assetato che mai; anzi mi par ch’ancor mi sieda negli occhi, e ci sento il peso della sua persona. O alta possanza di celesti bellezze!

Simbolo. Se vi dolete per troppa felicitá, che farete nelle disgrazie?

Don Ignazio. Questa felicitá mi dá presagio di mal piú acerbo; ché amandola non riamato, quanto l’amarò riamato? piú m’infiammarò di quel desiderio di cui sempre son stato acceso. Ma dimmi, che ti par di lei?

Simbolo. Ella è non men bella di dentro che di fuori: mirate con che bel modo non ha voluto accettar il vostro dono né rifiutarlo; e se il dono era magnifico e reale, ella è stata piú magnifica e reale a non lasciarsi vincere da tanta ingordiggia.

Don Ignazio. Simbolo, sapresti indovinar in qual parte della casa ella sia?

Simbolo. Che posso saper io?

Don Ignazio. Non vedi? lá dove l’aria è piú tranquilla e tutto gioisce, ivi è la sua persona.

Simbolo. Ah, ah, ah! — Ecco don Flaminio, state in cervello.