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56 la sorella

la mia taglianasi, troncabraccia e mietigambe, tu vedrai i motivi che fará. Considera se son bravo, vedi che viso sfreggiato.

Trinca. Piú bravo fu quello che te lo sfreggiò!

Trasimaco. Voglio dir che non fuggo né volto le spalle.

Trinca. Né quello fuggi o ti voltò le spalle, quando sfreggiotti il viso.

Trasimaco. Ma bisogna allontanarsi da me, che, quando ho prese l’armi e sto in furia di menar le mani, l’ira ministra fuoco e fiamme: cosí m’incarno e m’insanguino, la vista mi s’accieca di sorte, che non conosco né amici né parenti, tutti gli guasto egualmente; e le tintinnate della mia spada s’odono un miglio.

Trinca. Eccolo che viene: o che portamento bizarro!

Trasimaco. O che portamento da bestia.

Trinca. (Stimo che oggi arò a crepar delle risa: sapendo quanto l’uno e l’altro sia poltronissimo, sarò spettatore di un mirabil duello). Sará ben che m’allontani io.

Trasimaco. Fai da savio pórti al sicuro. Ben venuto il poltrone.

SCENA VIII.

Gulone, Trasimaco, Trinca.

Gulone. Ben trovato il poltronissimo.

Trasimaco. La mala ventura ti ci ha condotto, ché ti ammazzi.

Gulone. Sí, pidocchi, come sei uso.

Trinca. Capitano, ti vuoi uccider con Gulone?

Trasimaco. Sí, bene.

Trinca. E tu, Gulone, ti vuoi uccider col capitano?

Gulone. Volentieri.

Trinca. Orsú, fatela da valent’uomini, uccidetevi insieme.

Trasimaco. A me non conviene por la mia autoritá in bilancia con un par suo. O molto indegno della grandezza dell’animo mio! E poi a questo duello ci manca una degna