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atto terzo 49


Trinca. Padron, è cosí vero quanto v’ho detto, quanto l’amor che vi porto; e se trovarete il contrario, vo’ che mi ponghiate in galera.

Pardo. Senza il tuo volere, ti ci porrò.

Trinca. Vien qua tu: come tuo padre ha detto una buggiarda buggia? rispondimi. Vedete che tace.

Pardo. A che ti affatichi parlargli? non risponde, perché non intende l’italiano.

Trinca. Gli parlerò in turchesco. Tu non mi scapperai. Cabrasciam ogniboraf, enbusaim Constantinopla?

Attilio. (O buon Trinca, o illustrissimo Trinca).

Turco. Ben belmen ne sensulers.

Pardo. Che dice?

Trinca. Che suo padre non fu mai in Constantinopoli.

Pardo. Dove dunque fu per riscuoterlo?

Trinca. Carigar camboco maio ossasando?

Turco. Ben sem belmen.

Trinca. Dice che sono stati in Negroponte.

Pardo. Da Negroponte in Constantinopoli ci sono molte miglia. Dimandagli che camino han fatto per venire in Italia.

Trinca. Ossasando nequet, nequet poter levar cosir Italia?

Turco. Sachina busumbasce agrirse.

Trinca. Dice che son venuti per mare, e non passati per Vineggia.

Pardo. O Dio, che umori stravaganti sono negli uomini! Che cosa ha spinto colui a dirmi cosí gran bugia, che sia stato a Vineggia, e portarmi una lettera di mano di mia moglie? Che mondo è questo?

Trinca. Bisognarebbe far un mondo a vostro modo, o riformarlo. Han falsificato la mano di vostra moglie, per farvi qualche burla.

Pardo. Certo che dovea star ubbriaco; e giá lo tengo per tale, che stava rosso nel volto.

Trinca. L’avete indovinata: e or gli lo vo’ dimandare. Siati marfus naincon catalai nulai?

Turco. Vare hecc.