Pagina:Della Porta - Le commedie I.djvu/389


atto quinto 379


Pedante. Il padre, Limoforo; la madre, Cleria; e la fanciulla, Aurelia.

Limoforo. Voi perché la chiamate Altilia?

Pedante. Per esser cresciuta alta e procèra della persona e della virtú, l’ho posto nome Altilia.

Limoforo. (Io mi sento un certo spirito favellar nel core che costei sia mia figlia. Che favellare? anzi sollecitare e spingere a saperne il vero). Ditemi, ove è costui che dice esser suo padre?

Pedante. Egli è introgresso in questa domuncula seu domicilio.

Limoforo. Di grazia, chiamatelo, ché tutto fia per vostro bene.

Pedante. Tic, toc, tic.

SCENA II.

Pseudonimo, Limoforo, Pedante, Antifilo.

Pseudonimo. Che commandate, mio carissimo maestro?

Pedante. Questo gentiluomo ha caro ragionarvi.

Antifilo. (O che cèra di manigoldo, che malencolia, che occhi ficcati in dentro piccioli, che naso grifagno! E come in corpo sí mostruoso può albergar anima che buona sia?).

Pedante. (In anima malevola non intrabit sapientia) .

Pseudonimo. Eccomi al vostro commando.

Limoforo. Desidero sapere il vostro nome.

Pseudonimo. Io? Limoforo.

Limoforo. Di che cognome?

Pseudonimo. Pignattelli.

Limoforo. Di che cittá?

Pseudonimo. Di Surrento, se ben ho abitato in Napoli.

Limoforo. Quando venisti in Napoli?

Pseudonimo. Iersera.

Limoforo. La cagione?

Pseudonimo. Ebbi novella ch’una mia figliuola e balia che gran tempo non avea viste, erano in Napoli.