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atto primo 311

SCENA II.

Cappio, Giacomino.

Cappio. Mira avarizia di uomo, piatisce con i cimiteri e con i vermi e risparmia come non avesse a morir mai.

Giacomino. Quanto piú invecchia l’uomo, tanto l’avarizia piú ringiovenisce: egli è cosí avaro come misero e cosí misero come avaro.

Cappio. O che mai ne paressero vecchi! tutti avari, fastidiosi, ritrosi, pazzi, rimbambiti; sempre minacciano, bestemiano, gridano, si lamentano, né si contentano mai.

Giacomino. Veramente quando l’uomo passa i quarant’anni doverebbe morire e smorbare il mondo. Tutti perdono la memoria per non ricordarsi di quando son stati giovani.

Cappio. Anzi morire alli quaranta e lassar godere a’ giovani com’han essi goduto. Dice che vuol tornar presto: oh che quella parola fosse tornata tossico che subito l’avesse ucciso!

Giacomino. Certo, che quel tornar presto ci turba ogni disegno.

Cappio. Intanto attendiamo a dar la battaglia al granaio, alla caneva e a’ formaggi.

Giacomino. Bisogna attendere alla battaglia che amor mi dá nel cuore con assalti piú atroci che ritrovar si possino. Non posso piú resistere, mi rendo vinto, sono abbattuto e morto.

Cappio. Se sète morto, requiescat in pace, provedasi di sepoltura.

Giacomino. Cappio, ti burli di me?

Cappio. Giá cominciate a freneticar senza febre.

Giacomino. La febre amorosa mia è stata sempre continua e cosí ardente nel cuore che non mi lascia mai per un sol momento.

Cappio. Forse son resuscitati gli amori di Salerno?

Giacomino. Non son resuscitati, perché non moriro mai. Sappia il mio caro Cappio che dal dí che mi partii dalla mia Altilia l’anno passato da Salerno, restai il piú misero ed infelice