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atto primo 5


Attilio. So che con due parole tu puoi far miracoli.

Trinca. Non son negromante, che fo miracoli con le parole.

Attilio. Non ho visto al mondo piú colerico uomo di te, ché avendoti detto, burlando, che ti voleva spianar le spalle, te l’hai preso da dovero. Se ben mostrava colera fuori, burlava dentro. Io offender te, che sei tutto il mio bene?

Trinca. Ho da servirvi nelle cose oneste, no nelle scelerate.

Attilio. Non è cosa onesta salvar l’onor e la vita di Cleria mia insieme con me, che, succedendo quel che disegna mio padre, m’ucciderei con le mie mani?

Trinca. Cosí dicevate allora. Non mi ci cogli piú.

Attilio. M’hai servito altre volte con molta prontezza; e or, piú che mai bisognoso del tuo aiuto, vengo con la medesima confidenza a pregarti che adopri tutto il tuo sapere e ci metti tutto il tuo studio.

Trinca. Il padron amorevole e grato fa sollecito il servidore.

Attilio. Servimi, che ti darò un paio di calze.

Trinca. Un paio di calci piú tosto. Ma voi vi promettete molto di me e v’imaginati che con quella agevolezza che dite «aiutami», che subito siate aiutato. L’invenzioni son facili a trovar, ma al riuscir ti voglio: il dir e il fare non mangiano spesso in una tavola: credete di me l’incredibile e pensate che possa l’impossibile.

Attilio. So che dalla tua scuola sogliono uscir molte buone opre.

Trinca. Or, poiché m’avete per un tristo, vo’ che ne veggiate l’effetto.

Attilio. Di grazia, di’ presto, fa’ presto.

Trinca. La prestezza è quella che guasta i negozi: bisogna maturo consiglio e non prestezza.

Attilio. Chi troppo consiglia, non fa nulla.

Trinca. Sappiate che niuno, meglio ch’Erotico vostro amico, può trarvi dal pericolo dove siete.

Attilio. Erotico, quanto prima m’era amico, tanto m’è or inimico: l’amore è un violento effetto dell’anima nostra, cosí l’odio, che da l’amor nasce, è crudelissimo.