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atto primo 109


Forca. Se non han credito a voi, come l’aranno a me?

Pirino. Come cerchi danari in presto ad un amico, subito ti risponde che non gli ha e ti diventa inimico.

Forca. Pigliamoli ad usura.

Pirino. Non mi piace.

Forca. A chi vuol dormir con l’innamorata, bisogna trovar la pecunia, padrone.

Pirino. Non è giorno che non discorra col cervello per tutti i banchi del mondo. O che cosa infelice è il non aver danari!

Forca. Massime a voi, povero di danari e ricco d’appetito.

Pirino. Non so che fare.

Forca. Anzi bisogna disfare.

Pirino. Chi vogliamo disfare?

Forca. Tuo padre. Avemo il ben in casa e lo vogliamo cercare altrove.

Pirino. Lo caricheremo di troppo peso di dolore.

Forca. Lo scaricheremo di peso di argento.

Pirino. Non sará possibil mai, perché sta tanto sospetto di noi, che, nol facendo stima che lo facciamo; poi se lo saprá, che fia di noi?

Forca. Ti fo la sicurtá con le mie spalle.

Pirino. Tu sai che in casa non mancano legne, e quando ce ne fusse carestia, abbiamo la villa vicina.

Forca. Ho buone spalle per la villa e per la casa: tra le bastonate e le mie spalle ci è una antica amicizia, un invecchiato parentado: ci ho fatto il callo, non mi son cose nuove, mi son fatte naturali.

Pirino. Come faremo che non se ne accorga?

Forca. Aprimogli il scrittorio con il grimaldello; poi, quando gli aremo gli li restituiremo.

Pirino. Buon’arte m’insegni.

Forca. Non è usanza di servi forse?

Pirino. E quando lo saprá, che faremo?

Forca. Che so io? qualche mala cosa.

Pirino. E questo è l’amor e la riverenza paterna?

Forca. E voi coricatevi la notte con questa riverenza, abbrac-