Pagina:Della Porta - Le commedie I.djvu/114

104 la carbonaria

per ogni scappata te la rapisce. Ha quel suo Forca che, se ben spende l’autoritá sua per quel che vale, prosume saper piú di tutti i tristi del mondo.

Forca. (Fa’ quanto sai, ché ti ingannerò).

Mangone. In somma, guárdati, perché ho molti inimici.

Forca. (Perché sei solo amico di te stesso).

Filace. Morendo smorberá il mondo.

Mangone. Però vive, che l’inferno l’abborrisce. Ma faccia quanto può, differirla può ben, ma non fuggir la forca che gli sta apparecchiata.

Forca. (Ed a te il fuoco).

Mangone. O come campeggiarebbe bene una forca in mezo due forche!

Forca. (E tu appresso me, che sei un ladro).

Mangone. Se venisse alcuna vecchia con qualche scusa, mandala subito via: ché fa piú una ruffiana in una ora, ch’un innamorato in cento anni.

Filace. Riposatevi nella mia diligenza.

Mangone. Io vo al molo, al raguseo: entra e sèrrati dietro.

Filace. Entro e mi serro dietro.

Forca. (Andiamcene ancor noi).

SCENA III.

Dottore, Mangone.

Dottore. M’hai tolto la fatica di venire a casa tua. Io non so perché non m’abbi mandata Melitea, se non lo fai ché cosí straziandomi, me la facci ricever piú caramente.

Mangone. Certo non per mancamento di voluntá o di diligenza; se non che, ordinandole che si ponesse in ordine per venir a trovarvi, sovrapresa da un strano accidente, cascò morta; e se non che m’accorsi che sotto le vesti cosí pian piano le palpitava il cuore, io la mandavo a sepelire.

Dottore. L’altro giorno la viddi bellissima.