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230 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

sciadori spediti da Eugenio per chiedergli se disposto fosse a riconoscerlo suo collega nell’impero, ovvero ne rigettasse, come affatto vana, la proposta; ed erane capo l’atteniese Rufino, il quale non portò seco lettera di Arbogaste, nè profferì verbo di lui.

Allorchè poi l’augusto intrattenevasi deliberando, e ritardava rispondere ai legati, fu scosso da altro avvenimento che vuolsi qui riferire. Teodosio non a pena salito in trono accordato avea ad alcuni barbari la sua amicizia ed alleanza in guerra, solleticandoli eziandio con isperanze e doni. Aveane parimente a suoi commensali, trattandoli con ogni distinzione, i duci, qualunque fossene la patria. Al nascere (Ottavia tra essi contesa penetrò la discordia negli animi loro; gli uni asserendo conveniente il reputare un vero nulla que’ giuri fatti assoggettandosi al Romano potere, gli altri per lo contrario sostenendo non doversi in conto veruno allontanare dall’osservanza delle sacramentate convenzioni. Priulfo era quegli che esortava i suoi nazionali a conculcare la data fede: Fraustio, in cambio, stavasi fermo nel difenderla da oltraggio comunque, e queste vicendevoli dispute rimasero lungo tempo ignote. Ma tal fiata ammessi all’imperiale mensa col prolungarsi molto il banchetto, datosi da entrambi sfogo al mutuo astio, ciascheduno svelò i proprj sentimenti. L’imperatore, conosciuto com’e’ la pensassero, pose tosto fine al convito e queglino usciti del pretorio portarono sì oltre il concepito odio, che Fraustio più non potendo moderarsi trafisse, nudata la spada, a morte Priulfo. A tale evento i militi dell’ucciso apparecchiavansi ad investire il feritore, ma