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alto, scuotendo indietro i capelli, di un nero azzurrognolo come i grappoli dell’uva di mare; mentre le alte sopracciglia e gli occhi scuri a mandorla avevano un moto e un baleno di ostilità. Forse non le garbava l’incontro coi due fratelli, vestili come pastorelli da cartolina illustrata, altrettanto curiosi e sbalorditi: e accennava a riprendere la sua esplorazione lungo il ruscello, quando una voce, chiara e metallica, chiamò dall’alto:

— Gina! Ginetta!

Ella si guarda bene dal rispondere: ma il più piccolo dei Corsini, intuendo che la bella incognita è anche lei fuori della legge familiare, si fa d’improvviso ardito, come uno di quegli insetti che per paura di essere presi si fingono morti, e, passato il pericolo, riprendono a svolazzare.

— Chiamano lei, signorina?

Ella fa un moto, come per dire: e a lei che gliene importa? — ma poi torna a scuotere i capelli, raccoglie il respiro, risponde con voce tonante:

— Mamma! Sono qui; vengo subito.

La madre ha un bell’aspettare: Ginetta non segue più il corso del rio, ma neppure pensa di risalirlo; si attacca con le braccia vigorose a un basso ramo di castagno e guarda dall’alto i due fratelli e un miste-