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— E tu... tu, — egli proruppe, — tu non le hai dato uno schiaffo... tu, a quella lì... e pensavi di condurla con noi... oggi?...

— Ma... Antonio, — esclamò Regina, guardandolo con finta meraviglia; — tu avevi promesso di non arrabbiarti.

— È vero, — egli disse allora, sollevando le mani. — Ma è una cosa così infame! Come puoi pretendere che non mi arrabbi? Se è uno scherzo questo che mi fai, ti assicuro che è un brutto scherzo. Se è vero, poi, quanto mi dici, mi meraviglio della tua serenità!

Il suo viso si scolorì, rapidamente come s’era infiammato, ma si scolorì troppo; si fece quasi grigio.

Regina non batteva ciglio, tanto avidamente lo osservava. Per qualche momento, il solo desiderio che Antonio non mentisse il suo sdegno, la investì con un’onda di gioia, ed ella vi si abbandonò tutta, scambiando il suo desiderio con la certezza d’ingannarsi. Eppure... Una cosa inesplicabile avvenne in lei. La speranza di essersi ingannata, invece di renderla buona, la rese crudele, quasi cinica.

— Andiamo, — disse con ironia. — Perchè dovevo arrabbiarmi? Perchè dovevo dare uno schiaffo a Gabrie? E se ella avesse detto la verità? Camminiamo, — aggiunse, cercando di riprendere il braccio di Antonio.

Ma egli la respinse; non fece un passo.

— Lasciami! Che cosa è la verità?

— Che tutti ci credono senza osare di dirmelo come ha osato lei...

— Tutti ci credono?... Ma... Regina, e tu, ci credi?