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cercava di spinger l’altro sulla china erbosa dell’argine, ed anch’essa si mise a correre incontro alla madre. Si abbracciarono senza parlare, poi la signora Tagliamari chiese notizie di Antonio.

— Credevo che venisse anche lui. Ma davvero, come stai tu? Non è nata alcuna questione tra di voi?

— Oh, no! — esclamò Regina. — Egli non è potuto venire ora, come vi scrissi. Io avevo un po’ di palpitazione di cuore; perchè abbiamo più di cento gradini, da scendere e salire due e tre e quattro volte al giorno! Allora Antonio s’è messo in pensiero, per me, e mi ha condotto da uno specialista, un medicone che ha voluto dieci lire per mettermi un piccolo imbuto nero sul petto. «L’aria nativa!» ha subito detto. «Qualche mese d’aria nativa!» Ora però sto bene; m’è quasi passato. Starò qui un mese, due al più. Antonio verrà a riprendermi...

Madre e figlia parlavano in dialetto, e si guardavano intensamente in viso. La luna, ora alta e bianca sul cielo fattosi chiaro, le illuminava di fronte. La signora Caterina, che non aveva ancora quarantacinque anni, pareva la sorella maggiore di Regina, tanto le rassomigliava. Era anzi più rosea, più fresca, coi grandi occhi innocenti più sereni di quelli di Regina: tuttavia a questa parve molto invecchiata, e vestita in modo quasi ridicolo, con un vestito nero dalle maniche ancora sbuffanti sulle spalle, che un anno prima le sembrava molto elegante.

— Verrà a riprenderti, — ripetè la madre. — Così sono tranquilla.