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una terribile notte 127


la coda arricciata, l’aveva sbattuta in viso ad Ardo facendolo fremere di spavento, poi si era ancora allontanato...

Una pazza idea, un’ultima e pazza speranza era venuta nell’anima disperata del piccino: aspettò ansiosamente che il cinghiale si riavvicinasse, ma per alcuni minuti, che gli parvero secoli, il cinghiale rimase lontano.

Una volta accennò ad andarsene e Ardo diventò freddo freddo; sperava tanto nel grosso animale quanto prima ne aveva avuto paura.

Gridò involontariamente: — Rimani... avvicinati!

E il cinghiale rimase, si avvicinò...

Il cuoricino di Ardo batteva forte forte, come un orologio; grosse stille di sudore gli imperlavano la fronte. Il cinghiale si allontanò di nuovo.

— Mio Dio, — esclamò Ardo, — aiutatemi, ed io, sì, io sarò sempre obbediente al mio babbo.

Il cinghiale si avvicinò: la sua coda arricciata si introdusse un’altra volta nel buco della botte, sferzò il viso di Ardo.

Ardo afferrò con ambe le mani, con tutto il resto delle sue forze, quella coda salvatrice, e si raccomandò a Dio: poi chiuse gli occhi.

Quando li riaprì era salvo: era libero!