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una terribile notte 117


più che ricominciava a piovere. Si guardò attorno e balzò allegro in piedi.

Aveva veduto vicino a sé un recinto di alveari, grandi, solidi, alcuni dei quali vuoti. Ne scoperchiò uno, il più grande, vi si pose a sedere dentro, lo richiuse ben bene.

— Qui almeno nessuno mi molesterà...

La pioggia riprese fitta fitta, ma neppure una goccia venne a bagnarlo. Era così stanco che finì col chiudere gli occhi, pensando:

— Ecco, la disobbedienza mi ha trasformato in ape...

***

Ahimè, neanche questa volta poté dormire.

Una voce lo svegliò, lo spaventò: era la voce di Gianmaria. Diceva:

— Per santa Maria, che spavento, che orrore, tremo ancora come una foglia... Credete che fosse proprio davvero il diavolo? Oh, se mi viene fra le mani, uomo o diavolo, quell’omino la pagherà cara.

— Dov’è la nostra capanna? Non vedo la nostra capanna! — esclamò Badore con voce burbera.

— È ancora lontana — rispose Simone, poi vedendo gli alveari, esclamò: — ecco qui degli alveari... io ne cercavo appunto, uno almeno.