Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/31


— 25 —

viso di lui era però così duro e sarcastico che ella non osava parlare.

A un tratto, mentre egli muoveva il bastone, chi destra in avanti, dicendo: «Il Ministero delle finanze, il nostro buon Quintino amico della Sardegna», ella vide, sopra una doppia fila d’alberi, un grosso signore di bronzo: pensierosa, con una mano sul petto, pareva fosse salito sul suo piedistallo per dire qualche cosa alla folla che gli si aggirava attorno; ma la folla non aveva tempo nè voglia di ascoltarlo, ed egli taceva, serio e benevolo, deciso a non abbandonare il suo posto sebbene nessuno si degnasse di guardarlo. Lia soltanto fu presa da una fulminea simpatia per lui: per alcuni momenti non guardò altro, senza nascondere la sua curiosità commossa. Sì, ella aveva sognato uno zio così, gigantesco, protettore, benevolo.... Ma la carrozza svoltò, ed ella perdette di vista il monumento. La città adesso appariva sotto un nuovo aspetto, mezzo campagna e mezzo paese, e quando la carrozza si fermò in via Sallustiana, davanti all’ingresso polveroso di una vecchia casa grigiastra, la via sterrata parve a Lia una strada rurale, chiusa da muri bassi e da siepi rossastre sopra le quali verdeggiavano canne, rami di peschi, sambuchi, fronde di salici piangenti: gli uccelli cantavano tra gli olmi fioriti, e pareva che al di là delle siepi cominciasse la campagna.

Una ragazza magra e nera, con due grandi oc-