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così l’invidia del piccolo, che voleva portare qualche cosa anche lui; e tutti assieme andarono in cerca d’uova e di polli, dirigendosi verso la collina giallastra che chiudeva la brughiera, a ponente, e sulla cui cima, in mezzo a una vigna, sorgeva un cascinale, bianco nel verde come un colombo in cima ad un albero.

Il tramonto circondava con un’aureola d’oro la collina. Lia e i bimbi percorsero il sentiero fino a una casetta tappezzata di glicine, passarono il ponte sopra la strada ferrata, salirono al cascinale e trovarono le uova e i polli, e una donnina gobba, bella in viso come una fata, e gattini, canini, capre e un vecchio con una lunga barba bianca, e un bimbo scalzo che conduceva una vacca e un vitellino nero al pascolo. Sembrava un mondo fantastico, e i bimbi non volevano tornare indietro. Ma bisognò decidersi; il sole era tramontato; un velo di nebbia rosea copriva la brughiera e al di là il mare sembrava una gran coppa di latte. I monti d’Abruzzo, rosei nell’azzurro lontano, parevano a Lia i monti della sua isola.

Nino piangeva perchè voleva il cestino grave d’uova che parevan di marmo, e di una gallina gialla e nera sgozzata ma ancora calda: ma poi tacque, poi si fece portare lui dalla mamma e si addormentò sulla spalla di lei. E Salvador rideva, canzonando il fratellino; ma a un tratto diventò pensieroso, guardò la gallina e disse: