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e la richiamò con lo squillo tremulo del campanello del signor Guidi.

Era la prima volta che egli suonava a quell’ora insolita. Lia corse contrariata ed inquieta, provando, come sempre, un senso d’umiliazione e di pudore offeso nel vedere un estraneo nel suo letto, al posto del povero Justo.

Egli stava sollevato sul gomito ed era pallido in viso, coi baffi spioventi, gli occhi cerchiati di nero.

— Scusi, — disse con voce rauca. — Mi sono sentito poco bene stanotte. Vorrei una tazza di caffè.... se non le dà noia...

— Subito! — ella rispose, placata all’idea che anche lui soffriva.

— Anche il suo bambino è stato poco bene? — egli domandò quando Lia portò il caffè. — Era il piccolo?

— No, era Salvador che aveva male ad un orecchio.

— Lo porti dal medico, — aggiunse il signor Guidi con premura, mentre Lia lo guardava sorpresa, — perchè non ha chiamato, signora Lia?

— Ma le pare? E lei come sta, adesso? Le occorre niente?

— Grazie, nulla. Senta. Ha il medico, per i suoi bambini? Se no, posso darle un biglietto per un mio amico, il dottor Fontana, che ha un ospedalino infantile in via Mecenate. Vada,