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dato un cestino d’uva. L’altro giorno andai a visitare sua madre, che mi ricevette in una camera terrena adorna di arche antiche scolpite, umida e tetra come una cappella mortuaria; le galline entravano ed uscivano liberamente, e Salvador, avvertito da me, si contentava di guardarle e di sorridere, mentre negli occhi gli splendeva il desiderio di molestarle. Quella che avrebbe dovuto esser mia suocera mi fissava con curiosità, domandandomi i prezzi dei viveri a Roma; il mio antico pretendente stava nel cortile e non osò presentarsi finchè non mandai Salvador a chiamarlo. Allora entrò, mi salutò goffamente, ed io mi accorsi che tremava. È completamente abbrutito dal vino, ma conserva ancora qualche sentimento gentile: prese con sè il bimbo e gli diede un garofano, e oggi gli mandò un carrettino sardo, coi buoi scolpiti nella ferula, lavorato da lui. Chi vuol conservarsi disinvolto e apparire uomo civile ed evoluto è l’altro ex-pretendente, il signor maestro, che venne a visitarmi alle cinque precise e se ne andò dopo un quarto d’ora. Abbiamo parlato di politica e di religione! È l’unico che non mi abbia mandato un regalo di frutta o di uova, e che non mi abbia rivolto domande indiscrete sul conto tuo: anzi non mi ha chiesto nulla, come se tu non esistessi affatto.

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«La zia Gaina entra ancora in camera, guar-