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siero di venirti a trovare; ma, ti dico la verità, avevo soggezione.

— Soggezione di me?

— Di te, perchè tu sei superba. Anche allora eri superba: con me, no, però, allora, e neppure adesso.

— Nè allora nè adesso: non ho ragione di essere superba. Bevi, dunque!

— Marianna, — egli disse, prendendo la tazza con l’altra mano, senza lasciarle il polso; — sì, quando mi dissero: Marianna è alla Serra, pensai subito: voglio andare a trovarla. Contenta sei, di vedermi?

Marianna si mise a ridere, ma tosto si rifece seria, perchè lui, bevendo, non cessava di stringerle il polso; e con le dita sottili gli afferrò le forti dita aprendogliele ad una ad una per liberarsi.

— Lasciami, — impose, corrugando le sopracciglia.

Egli obbedì, come quando era servo.

D’improvviso però ella lo vide fissare le dita al suolo come artigli, quasi volesse abbrancare la terra, e poi tendere l’orecchio ai rumori di fuori e balzare in piedi scuotendosi tutto come per liberarsi d’un