Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/320


— 312 —

gni della famiglia. Dimmi dunque che cosa devo rispondergli.

— Sì, — disse la madre tornando a sedersi rassegnata davanti al fuoco. — Tutto è pronto: egli ha le lettere che gli assicurano il lavoro, e c’è pure, dice lui, chi gli dà i denari per il viaggio.

— E con me taceva! — mormorò Vittoria, nascondendo il viso fra le mani; ma subito tornò a sollevarsi; — ebbene, che egli venga a parlare con me. Dio ci illuminerà.

Mentre Marianna Zanche dava da cenare al frate, ella andò di là nella sua camera per vedere il bambino e raccogliere le sue idee prima di parlare con Mikali: e sentiva una grave tristezza, ma in fondo al cuore anche un senso di gioia; le sembrava che veramente Dio l’avrebbe illuminata e aiutata, e che già doveva rallegrarsi per il ravvedimento di Mikali.

Ma nel corridoio si fermò turbata; vedeva una forma nera accovacciata sul pavimento, nel chiarore della lampadina di Sant’Isidoro.

— Zia Sirena! Che fate qui? Perchè vi siete alzata?

La vecchia si alzò pesantemente appoggiandosi alla panca su cui sedette; tremava tutta e dalla gola le usciva un ronzio che a tratti diventava un sibilo.

— Sono venuta per domandare consiglio al nostro piccolo Santo. Eccolo lì che fa maturare il grano col solo guardarlo. È lì da anni, Vittoria, è lì da prima che nascesse tua madre, colomba mia. L’ho conosciuto lì da quan-