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anni. Lasciatelo. Imparerà a lavorare, conoscerà la vita dura, si abituerà a tutto: tornerà qui che sarà un altro; porterà l’abitudine di lavorare...

— Ma scusate se vi interrompo, frate Zirò, — disse Vittoria un poco ironica, — è diventato matto, mio marito? Gli è venuto un verme alla testa? Se vuol lavorare non può farlo qui? Prenda la zappa e vada al predio.

— Egli non vuol lavorare in terreno non suo.

— Non suo? E di chi è allora? Non mio certamente. Ma mettiamo pure che non sia nè mio nè suo: non è di nostro figlio?

Marianna Zanche, col viso fra le mani, scuoteva lievemente la testa con rimprovero.

— Mio marito dica piuttosto che vuole andarsene perchè è stanco di me, della famiglia. Vuole fuggire il vizio? Ah, mi fa ridere, del riso sardonico, però. Egli vorrà andarsene per essere più libero...

— Vittoria! Non parlare da donna senza senno, — disse allora la madre, sollevando gli occhi infiammati. E Vittoria la guardò con gelosia.

— Ah, egli s’è confidato con voi? Non occorreva dunque che mandasse il frate con l’ambasciata.

— Vittoria, nelle ore di dolore la madre è prima della moglie.

— Dolore, lui? Lui non conosce che lo spasso e il divertimento; per lui non esiste nè la madre nè la moglie e neppure il figlio. Era forse qui quando è nato? No, egli non può