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lizia, ma benevolmente, facendole dei segni con la testa e con la mano; segni a cui ella rispondeva con un lieve sorriso degli occhi, alquanto turbata per la grande rassomiglianza del giovine bandito con Mikali.

Le donne, chiuse nelle loro sottane scure buttate sul capo, sedevano in fila per terra, e aspettavano pazienti sebbene non sperassero nulla.

Il notaio continuava a battersi le dita sul cranio: chi aspettava? forse i servi: questi infatti giunsero, e Pancraziu gli si avvicinò e gli disse qualche cosa sotto voce. Allora egli parlò, senza guardare nessuno:

— Avevo fatto avvisare la vedova Zanche e suo figlio Mikali; ma essi rinunziano ad assistere all’apertura del testamento e quindi possiamo cominciare. Prima però devo avvertirvi di una cosa. Voi tutti sapete che Bakis Zanche e sua moglie Marianna erano separati legalmente, per consenso di entrambi. Il figlio Mikali nacque dopo che la donna fu cacciata via dal marito, nè questi volle mai riconoscerlo. Mikali fu inscritto sui registri dello Stato Civile come figlio di padre incerto ed egli nè altri mai si curarono di regolare in altro modo il suo stato di nascita.

Nessuno parlò. Allora il notaio tossì, alzò la voce:

«In nome di Sua Maestà il Re...».

Prededdu Zanche fissava Vittoria ammiccando; ma Vittoria vedeva Ignazia la serva guardare il giovane e poi lei e poi di nuovo il giovane, e chinò la testa e non sollevò più gli occhi.