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Il poeta si chiamava Giovanni Antonio Murru. E l’aquiletta riprese la penna. E svolazza di qua e svolazza di là, trovò anche l’editore che pubblicò il suo primo volume, non solo, ma lo compensò con la cospicua somma di lire italiane cinquanta (senza percentuali s’intende).

E che la femminilità non fosse spenta in me dalla smania di scrivere, come pretendevano i miei nemici, lo prova il fatto che il primo acquisto pagato coi guadagni letterari fu quello di un fazzoletto di seta azzurra, che avvolto intorno alla mia testa dava risalto al nero dei capelli e procurò alla scrittrice la prima dichiarazione d’amore. Adesso, nella sua casa di Roma, ella possiede un quadro di Michele Cascella intitolato L’Invito. È un cancello aperto su un campo di lino fiorito: i toni più deliziosi dell’azzurro vi si fondono, con un’armonia che, oltre il sentiero dorato attraverso la distesa celeste del campo, invita gli amanti dei sogni a perdersi nella sua divina luminosità. Ogni volta che la scrittrice solleva gli occhi verso questo quadro, ricorda il suo fazzoletto azzurro.