Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/254


— 248 —

ella un giorno avesse bisogno la aiuterei anch’io; ma come da buoni cristiani e null’altro. Ma ti giuro, Concezione, ti giuro sulla memoria di mia madre, io non tornerò più in casa sua con scopi disonesti. E neppure in casa tua verrò più: te lo prometto: a meno che tu non mi richiami. Poiché...

— Poiché? — ella domandò, di nuovo inquieta e triste.

— Ascolta, Concezione. Ti devo dire tutto. Il dottore mi curava, dunque, di nascosto. È abile, a queste cure segrete, perché, lo dice lui stesso, ci è abituato. Diceva: ecco però che cosa mi tocca di fare: io che cavavo sangue, devo cercare di rimetterne nelle tue vene di scimunito. Bisognerebbe fare una trasfusione di sangue, ed io sarei capace anche di questo, meglio che quegli asini dell’ospedale; ma dove trovare il cristiano che ti dia il suo sangue? Si potrebbe provare con quello di una pecora; ma già tanto pecora lo sei. Allora quella donna offrì il suo; bisogna riconoscerlo: è generosa, quando occorre, generosa come un brigante. Anche queste sono parole del dottore. Ma io non accettai. Anzi avevo voglia di ricominciare, di finirla; e se non ritentai la prova di morire, fu però, credi, per riconoscenza verso la mia ospite, perché non volevo crearle noie con la polizia; e anche