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Mentre l’acqua si scalda, Concezione, davanti alla finestruola della camera, si scioglie i capelli, li divide, li manda tutti giù sul viso e sul petto come una tenda nera: col pettine grosso, col pettine fitto, con un’antica spazzola da panni, ne fa cadere una nevicata di forfora; poi li ricacciò indietro e ripeté la faccenda, fino ad arrossare la cute, che infine strofinò con un fazzoletto bagnato e insaponato: mezzi primitivi, che tuttavia le lasciarono i capelli freschi e gonfi come acconciati da un abile parrucchiere.

E portato in camera il paiolino chiuse a chiave l’uscio: adesso si trattava di fare le abluzioni, e cinque litri d’acqua le sembravano anche troppi. Lentamente, con ordine, le sue vesti furono stese sulla sponda del letto: il corpetto di lana, la camicetta di cotone a quadretti bianchi e blu; e poi un altro corpetto di tela con una parvenza di merletto alla scollatura, e il sottanino di lana a maglia, e infine la camicia lunga e larga come la misericordia divina. E apparve tutta nuda, bruna ma lucida, col seno che le mancava; pareva un’amazzone di bronzo dorato.

E con l’agilità pronta di un’amazzone ella si piegava e sollevava, strofinandosi con un panno insaponato le gambe lunghe e sottili, le ginocchia piccole dove appariva un po’ di