Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/102


— 96 —

ne ho accennato è per soddisfare mio nonno e mettergli il cuore in pace. Dopo tutto la sua fissazione è innocua, e né lui né i miei fratelli possono serbarti rancore. Ma tu non sei tranquilla, Concezione; io ti conosco; e tu, più di tante altre donne, hai bisogno di amore. Perché vuoi sciupare la tua vita? È un dono di Dio, la vita, e bisogna accettarla con gioia.

Ella piegò la testa. Capiva che Serafino parlava convinto: nel suo cerchio di piccolo apostolo, egli voleva il bene delle anime che vivevano accanto a lui: era la sua missione; e ancora una volta ella fu per raccontargli le sue pene, le sue paure; ma non riuscì che a ripetere:

— Sono malata, Serafino; sono molto malata: voglio, per questo, solamente per questo, restare libera: se questa è la mia sola soddisfazione, se la mia vita può ancora essere utile per mia madre, perché cercare di convincermi altrimenti?

— Ma tu, senti, pensi al male che, anche senza volerlo, puoi fare a chi ti vuol bene?

Ella ricordò: e il pensiero che anche Aroldo potesse commettere per lei qualche sciocchezza, le fece sollevare il viso quasi spaurito.

— Ascoltami bene, Concezione. C’è una