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drone; con gli operai per le frequenti riparazioni, e infine con la giovane serva che dormirebbe fino a mezzogiorno.

Suonò, dunque, per darle la sveglia; e la ragazza, che tutte le mattine le portava una tazzina di caffè, entrò silenziosa. Alta, bionda, con le babbucce di velluto rosso, il seno basso esuberante, aveva nel profilo e negli occhi di un giallo minerale, un’espressione di rapina; ma il suo modo di salutare, di servire il caffè, di camminare cauta, dimostravano la sua soggezione al dominio della padrona: anzi un certo affetto, come di scimmia addomesticata.

Domandò, sottovoce, prima di andarsene:

– Adesso la signora ha bisogno di altro?

– No, Pierina: pulisci in sala da pranzo; poi vai per la spesa; ricordati di tutto. E sbrigati.

– Sì, signora, in due salti sono qui.

I due salti sarebbero stati mille, la signora lo sapeva: d’altronde compativa. Compativa tutto; era paziente, calma, non aveva mai fretta. Si alzò, cominciò a vestirsi con una certa cura. La sua biancheria e la sottoveste sono semplici ma nitide, intatte: e quasi infantile è il vestito di lana, a maglia, di un colore neutro, fra il bigio e il verde, che però s’intona col colore dei suoi occhi.

Anche il modo col quale ella si acconcia i