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notte come una bestia a cui si dà la caccia nel bosco, perché non tentare di farlo?

Mi pareva di vedere il sogghigno di Antioco, e che egli mi ribattesse: — imbecille; e non faresti meglio ad approfittare tu pure dei doni che la vita ci offre? — E non sapevo se rallegrarmi o rattristarmi.


Riprendo a leggere. È un libro terribile, quello che leggo: Noemi, ho quasi paura a parlartene. È di un autore che fu chiamato «il nemico delle donne». Otto Weininger. Per spiegartelo con parole semplici, egli assicura che vi sono uomini con caratteri spiccatamente femminei, e donne con vividi segni di mascolinità. Perché una donna e un uomo si ritrovino in amore e si uniscano felicemente è necessario che l’uomo debole trovi la donna forte, e viceversa. Ma egli nega alla maggioranza delle donne le qualità utili per rinforzare nel carattere dell’uomo la sua parte di debolezza: di qui gli infiniti disastri, i malintesi, le tragedie dell’amore. Egli si uccise, il Weininger, perché in fondo era un debole anche lui, e non trovò, nella vita, chi lo aiutasse a vivere. Ma se io ti faccio questo rapido accenno è perché molte cose adesso mi spiego della mia tragedia. Sono un debole anche io, e mai m’illusi di non esserlo: questa