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Il figlio del toro 235

patimento strane parole: supplicava il marito di ucciderla, e fissandolo con gli occhi spaventati e torbidi diceva:

— È giusto, è giusto: non intendi che è giusto?

Mezzo nudo, tremante di freddo e di angoscia, egli si stringeva al petto il bambino assonnato e piangente, e per soggezione e tenerezza di questo, non interrogava la donna; anzi aveva paura ch’ella parlasse troppo, e per confortarla e confortarsi diceva, anche lui come vaneggiando:

— Ce ne andremo, Cata, porta pazienza: per San Michele ce ne andremo.

Ella infatti spalancava gli occhi come un bambino malato al quale si promette un giocattolo nuovo; si assopiva un momento, poi ricominciava.

All’alba, quando le tacchine unirono i loro gridi esasperati a quelli di lei, venne la padrona vecchia. Al contrario del figlio, che dimostrava una grande preferenza per il bifolco e la moglie, e forse anche per la gelosia e il sospetto destati da questa preferenza, ella non amava troppo i suoi dipendenti: nascondeva però la sua antipatia, come del resto nascondeva ogni altro suo sentimento; e quando vide la donna accovacciata sul letto, con un viso di Medusa, le dita contratte dal dolore, non disse che poche parole: