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Allora Cristiano si guardò attorno. Dopo tanta inquietudine gli veniva quasi da ridere: ancora una volta pensava ai giochi strani della vita. Ecco che non solo egli è stato ammesso nella camera misteriosa, ma è incaricato di farci la guardia. A dire il vero la camera misteriosa è come tante altre camere comuni, con le pareti rivestite di una carta e striscioline bianche e argentee, con quell’ottomana turchina trasformabile in letto, col cassettone ricoperto di una tovaglia e sopra una fila di boccettine piene a metà di medicine scure.

Solo la finestra senza tende ha qualche cosa d’insolito, con due anelli di ferro agli stipiti e una catena per traverso fermata da un lucchetto: chiusura più solida dell’inferriata d’un carcere, e che tuttavia non ha impedito la fuga del malato. Giochi della vita!

D’altronde il fuggitivo se ne sta adesso di nuovo nel suo letto, coperto fino alla testa, e non si muove; pare dorma tranquillo, già dimentico della sua avventura.

Cristiano non sa staccare gli occhi da quel corpo inerte, così esile che si delinea appena sotto la coperta, e a poco a poco lo vince il desiderio di andare a vederlo più da vicino, di scoprirgli il viso, di domandare se è stato proprio lui a chiamarlo, di