Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/31

L’uomo parve non sentirla, però proseguì con tono più dimesso e più sincero:

— La famiglia D’Elia mantiene qui sulla stuoia come un Cristo deposto il suo servo cieco, buono più a niente, e rifiuta ospitalità a una creatura smarrita? Mandatemi via, piuttosto, mandatemi via. Mandatemi via, — ripeté per la terza volta con voce tremante; — io troverò sempre chi mi farà l’elemosina e non correrò pericolo come può correrlo questa creatura innocente.

— E basta — gridò a sua volta Davide masticando il cannello della sua pipa.

E il cieco non replicò. Era del resto un uomo taciturno e mite: i D’Elia lo tenevano presso di loro perché egli s’era accecato spegnendo un incendio nel loro granaio: non parlava quasi mai, non s’immischiava mai nei fatti di casa; ed era con una certa meraviglia che le donne, adesso, l’avevano sentito gridare.

Anche Davide si difendeva contro un vago turbamento superstizioso: gli pareva che il cieco parlasse meccanicamente, spinto da una volontà superiore alla sua: come una marionetta che altri fa muovere. Bisognava non prender la cosa in derisione, ma pensarci su.

Il cieco non replicava: rimaneva però fermo nella sua posizione, come aspettando che il padrone